Cari amici e care amiche, penso che ad alcuni di noi sia venuta in mente quest’anno quell’ipersintetica e fulminante poesia di Ungaretti “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”. Una sensazione di grande precarietà, con cui il poeta descriveva lo stato dei soldati al fronte. Però, a ben vedere, è anche il nostro stato, poiché in fondo siamo tutti come dei soldati che combattono – senza volerlo, o perlomeno senza averlo deciso consciamente – la guerra finanziaria che alcuni hanno messo in atto per poter continuare a vendere le loro armi, che in questo caso non sono quelle tradizionali, bombe-cannoni-mitra- fucili-pistole, ma sempre armi sono. Qualche tempo fa ho trovato sul web questa storiella. È una giornata uggiosa in una piccola cittadina, piove e le strade sono deserte. I tempi sono grami, tutti hanno debiti e vivono spartanamente, quando arriva un turista e si ferma nell’albergo della piazza. Chiama il proprietario, gli dice che vorrebbe vedere le camere, poiché intende fermarsi per alcuni giorni, e mette sul bancone della ricezione una banconota da 100 euro come cauzione. Il proprietario gli consegna alcune chiavi e lui va a vedere le camere. Quando il turista sale le scale, l’albergatore prende la banconota, corre dal suo vicino, il macellaio, e salda il conto della carne avuta a credito; il macellaio prende i 100 euro e corre dal contadino per pagare il suo debito; il contadino prende i 100 euro e corre a pagare la fattura presso la Cooperativa agricola, il cui responsabile prende i 100 euro e corre alla bettola e paga il conto delle sue consumazioni; l’oste consegna la banconota a una prostituta seduta al bancone del bar, con cui era in debito per alcune prestazioni ricevute, la prostituta corre con i 100 euro all’albergo e salda l’affitto della camera per lavorare. L’albergatore si ritrova con i 100 euro sul bancone della ricezione proprio mentre il turista scende le scale, riprende i soldi e se ne va dicendo che le camere non gli piacciono. Dunque, nessuno ha prodotto qualcosa, nessuno ha guadagnato qualcosa, ma tutti hanno liquidato i propri debiti e guardano al futuro con maggiore ottimismo. Come questa storiella ci mostra, a prescindere dal fatto che è ovviamente inventata (nella realtà qualcuno avrebbe sicuramente fatto il furbo e interrotto la catena virtuosa del pagamento dei debiti), il denaro non è qualcosa di materiale, nel senso che non si comporta come normalmente fanno le cose materiali. È un fluido instabile, tanto è vero che cambia continuamente di valore, di rapporto tra valuta e valuta; e un fluido trova nel circolare la sua vera ragion d’essere, la sua importanza e la sua funzionalità. La ricchezza della vita sociale di un paese è data infatti da quanto denaro circola, non da quanto è depositato da qualche parte. Dove passa un fiume le pietre si bagnano, tutte.
Ora, non posso credere che i banchieri che da anni ci governano non sappiano queste cose, sarebbe puerile, no? Quindi … evidentemente è tutto fatto ad arte! A qualcuno conviene che le cose siano come sono, poiché sulla crisi mondiale e sui conseguenti movimenti economici alcuni hanno speculato assai, impiegando quelle armi finanziarie di cui si parlava prima.E infischiandosene dei morti e dei feriti lasciati sul terreno, come è sempre stato nelle guerre. Cambierà, questo scenario piuttosto cupo? Personalmente penso che sì, qualcosa cambierà, credo anche tra non molto tempo, poiché i grandi investitori guadagnano sui movimenti valutari, sia in discesa che in salita, e ora che hanno guadagnato abbastanza dalla discesa, è tempo di cambiare giro, generare ad arte una risalita e guadagnare di nuovo. Nel frattempo gli esseri umani saranno diventati tutti un po’ più poveri, di denaro, di tempo, a volte di dignità, poiché saranno un po’ più predisposti all’ansia, al timore per l’avvenire, ai compromessi, a chinare la testa perché “bisogna pur mangiare” … Però, anche o forse soprattutto quando fuori fa brutto tempo e tira vento, in alcune case ci si stringe in comunità, intorno a un fuoco ideale magari, e allora risplende la luce, il calore, l’amicizia … e si mettono in comune il cibo, le proprie risorse, per non soffrire la carestia … e ci si inventa nuovi giochi, per divertirsi insieme … e ci si chiede perché esistiamo, per trovare una direzione verso cui evolvere … Soprattutto si fa di tutto per riuscire a riappropriarsi di una cosa preziosissima, che ci è stata sottratta nei modi più subdoli e a volte impercettibili, giorno dopo giorno: il tempo, il nostro tempo, quello che ci è stato affidato alla nascita e che è la cosa più propriamente nostra, oltre al nostro corpo (e alla sua salute). Lo so, è difficile, c’è sempre qualche motivo, apparentemente ottimo, per continuare a fare tutta una serie di cose che sul momento ci sembrano importantissime … ma niente ci può essere più utile, proprio in quei momenti, di fare un profondo respiro, ritornare in contatto con il nostro corpo, spezzare l’inerzia del fare comunque ed entrare decisi nel circuito dell’essere innanzitutto. Basta un attimo, a volte serve davvero solo il tempo di un respiro, e tutto il nostro approccio alla vita può cambiare. Allora, sia nel nostro lavoro che nel nostro cosiddetto tempo-libero, possiamo realizzare una sorta di dovere che abbiamo verso noi stessi, di cui non sempre siamo consapevoli e che a volte potremmo forse aver trascurato: fare – quando possibile – ciò che è adatto a noi, che rappresenta i valori in cui crediamo, i nostri interessi profondi, a volte persino i nostri sogni; agire – e questo è sempre possibile – nel “nostro” modo, in un modo che ci restituisca la sensazione netta di essere vivi, partecipi del momento presente, uniti a chi ci circonda dal rispetto che diamo a noi stessi e che riflettiamo così, automaticamente, su tutti i nostri simili. Io ci provo tutti i giorni … e a volte ci riesco.
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Emiliano Bonifetto
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