Alzi la mano chi non ha mai detto, negli ultimi anni, “non se ne può più di come vanno le cose, questo mondo deve cambiare!”. Ebbene, adesso è cambiato. Non vi stiamo prendendo in giro, anche noi non immaginavamo che “cambiare” avrebbe comportato quello che sta accadendo. Ma è comunque un fatto certo che le cose non saranno più come erano prima, in ogni campo, e “quel che sarà” non è ancora a oggi pronosticabile. Non possiamo a oggi immaginare come la nostra società, nei suoi variegati aspetti, si riposizionerà dopo questa specie di tornado planetario, che ha travolto e stravolto tutti gli stati. Non è certo la prima volta che una calamità si abbatte sul genere umano, e questa non è in realtà nemmeno la peggiore, per intensità e problematiche annesse. Se andiamo a vedere qualche immagine di ciò che rimase in alcune città alla fine della seconda guerra mondiale … se consultiamo gli archivi che riportano il numero delle vittime dell’influenza spagnola dopo la prima guerra mondiale … se pensiamo alla peste narrata dal Manzoni, o alle invasioni barbariche, o ai grandi terremoti che hanno ribaltato la vita di interi popoli … Per quel che sappiamo però, è la prima volta nella storia che accade qualcosa che accomuna TUTTI i popoli di tutti gli stati del mondo, che hanno dovuto fronteggiare la stessa emergenza. C’è una cosa comune a tutti gli avvenimenti della storia a cui abbiamo accennato: dopo un primo momento di smarrimento, scoraggiamento e disperazione, gli esseri umani si sono rimboccati le maniche e hanno cominciato a ricostruire. ... ... Possiamo osservare qualcosa di simile nell’esistenza di ciascuno di noi: c’è sicuramente stato almeno un momento, nella nostra vita personale, in cui è accaduto qualcosa che ci ha colpito duramente, che ci ha lasciati smarriti, scoraggiati, infine disperati. La prima vera delusione amorosa? Un tracollo finanziario? La perdita della salute, nostra o di qualcuno dei nostri cari? O altro, la fantasia del destino può essere molto fervida …
Ricordate quel momento di paralizzante disperazione? Quando abbiamo pensato che non ce l’avremmo fatta, che quel che stava accadendo era troppo per le nostre forze? Ebbene, se siamo qui a leggere questa lettera, è perché abbiamo saputo reagire, e abbiamo ricominciato a costruire la nostra esistenza. All’impotenza che provavamo davanti a un evento che ci appariva come un masso opprimente – e all’illusoria speranza che arrivasse qualcosa dall’esterno che ci alleggerisse la pena – si è sostituita a un certo punto una sorta di forza interna, qualcosa che andava al di là delle circostanze. E “voleva vivere”. Un po’ alla volta il problema si è prima attenuato e poi dissolto, e oggi – se ci guardiamo indietro – possiamo vedere con chiarezza che è stato proprio in quei momenti difficili che si è forgiato il nostro carattere, il nostro particolare e specifico “modo di essere”. La nostra società si trova oggi nello stretto passaggio tra una sorta di impotenza da un lato (davanti ad avvenimenti che non può controllare, se non indirettamente) e di potenza dall’altro (nel senso di potenzialità – per ora ancora inespressa – di forgiare il proprio destino). O anche, più semplicemente, tra il desiderio di ritrovare la rassicurante comodità a cui era abituata (o in cui era sprofondata, con tutte le debilitanti conseguenze del caso) e la prospettiva di dover costruire una “nuova società”, fondata su elementi diversi, adeguati a questo tempo. Ci riuscirà? Ci riusciremo, ciascuno nella propria vita? Perché la società è in realtà l’insieme di tutti noi, e ciò che facciamo ha SEMPRE un riflesso (per piccolo che sembri in apparenza) su ciò che accade intorno a noi, dal nostro piccolo ambiente familiare e professionale fino, in cerchi sempre più larghi, all’intera umanità. Ora, sapremo rinunciare a tutto ciò che non è più essenziale per salvaguardare ciò di cui la nostra esistenza personale, individuale, non può veramente fare a meno? Senza rabbia, senza prendercela con elementi esterni a noi (il virus, il governo, il destino cinico e baro) senza maledire, senza indurirci … preservando la nostra “umanità” in ogni frangente? Se sapremo farlo, ciascuno dentro di sé, facendo appello a quella forza silenziosa e solida che vibra nel nostro essere profondo, accettando la responsabilità individuale che questo momento di grande difficoltà planetaria sta generando … potremo scoprire che “Uno per tutti, tutti per uno” non è un’immagine romanzesca ma una vera e propria formula magica, di ampia portata. Una magia semplice e tuttavia potente, a disposizione di tutti quegli esseri umani che, benché lontani nello spazio, sono vicini e uniti nel pensiero e nel sentimento. E ora … attendiamo il più serenamente possibile la fine di questo travagliato anno e buttiamo nel simbolico e rituale “falò di fine anno” (come raccontavamo nella nostra lettera di fine 2012) tutti quegli aspetti di noi stessi che non sono più utili al nostro vivere, che non sono soprattutto adeguati al tempo che viene, che prepotentemente e inarrestabilmente viene. Come cantava Ivano Fossati qualche anno fa, abbiamo “la fortuna di chi vive adesso questo tempo sbandato, questa notte che corre e il futuro che viene a darci fiato”.
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Emiliano Bonifetto
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